Antonio Feltrin, Chef del Rifugio Burz

DALLE VIE DI ROMA ALLE DOLOMITI, PASSANDO PER IL 7 STELLE DI DUBAI

4 agosto 2023

Tempo di lettura: 5 min

Quando si entra al Rifugio Burz, Chef Antonio colpisce subito per la sua compostezza, la cura maniacale che mette nella preparazione dei piatti e lo spirito di squadra che ha creato con la sua brigata di cucina.

Cresciuto nella Roma colorata e vivace, è diventato Chef per una serie di fortunate coincidenze. Ha saputo credere nei propri sogni cogliendo al volo le opportunità che la vita ha messo sul suo cammino.

Ciao Antonio, raccontaci un po’ chi sei! Dove sei cresciuto e come è nata la tua passione per la cucina?

«La passione per la cucina è stata un caso. Da ragazzo studiavo elettronica, ma decisi di lasciare all’ultimo anno per aiutare economicamente la mia famiglia. Iniziai come semplice lavapiatti in un ristorante carino nel centro di Roma, da subito però mi accorsi che padelle e fornelli mi incuriosivano, avevano un qualcosa di magico che stuzzicava la mia creatività

Fondamentale fu per me stare al fianco di collaboratori competenti che con grande pazienza nei momenti di calma mi dicevano “dai, vieni qui che ti faccio vedere come si fa” e nel momento in cui toccai le padelle scattò qualcosa di forte che non riesco a spiegare a parole. Da lavapiatti, pian piano iniziai ad aiutare nella preparazione delle insalate, che non erano semplici insalate, mi divertivo a combinare gusti e sapori esotici e nel mio piccolo ci mettevo la mia creatività. 

Dopo questa prima esperienza, la chiamata al militare a Sora in provincia di Frosinone fu un’altra svolta, finii a lavorare nella mensa degli ufficiali e quella fu un’occasione importante per sviluppare la mia passione per la cucina. Per nove mesi affiancai una signora ciociara molto in gamba che gestiva la cucina e da lei imparai un sacco di trucchi del mestiere. Imparai soprattutto l’importanza di stare vicino a gente brava, infatti nel periodo successivo sfruttai tutte le occasioni possibili per fare stage, anche non pagati, pur di imparare sul campo e parallelamente frequentai vari corsi di specializzazione.» 

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Burz è ambizione, è sempre un inizio, è l’obiettivo costante di essere un gradino più in alto di ieri con la volontà di migliorarsi giorno dopo giorno

Il tuo cognome è Feltrin, c’è un collegamento con il Veneto e il tuo amore per la montagna? 

«Mio nonno era di origini venete e si stabilì a Roma dopo la guerra. Da romano non avrei mai pensato di lasciare la capitale per spostarmi in montagna, ma il richiamo delle origini del nonno però si fece forte quando, in occasione di una settimana di ferie durante il periodo invernale, mio padre mi spronò a visitare “i nostri posti”, tra Trentino Alto Adige e Veneto. 

Da lì la proposta di trasferirmi per lavoro, imparando piano piano tutti i piatti tipici delle Dolomiti. Ci rimasi per ben 9 anni, mai lo avrei pensato!  Poi la vita mi portò a spostarmi molto per lavoro, ma 5 anni fa tornai sulle mie amate montagne e per la prima volta diventai chef di un rifugio sulle piste da sci, imparando così nuove dinamiche lavorative ben diverse da quelle di un classico ristorante

Mi appassionai molto ai ritmi della cucina di rifugio, tant’è che quando arrivò la proposta per il Burz lo scorso inverno non esitai un attimo e mi trasferii ad Arabba.» 

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Cosa significa per te il Rifugio Burz? 

«Burz è una cosa che ti prende dentro. Appena entrato, la struttura moderna e il nome importante un po’ ti incutono timore. Burz è ambizione, è sempre un inizio, è l’obiettivo costante di essere un gradino più in alto di ieri con la volontà di migliorarsi giorno dopo giorno. Ogni piccolo tassello è un’ambizione in più, che significa sacrificio, sudore, risata, pianto, un mix di passione ed emozione

La stagione invernale è una lotta continua contro il tempo per essere sempre sul pezzo in giornate con una media di 350 pasti, giornate in cui se anche rientra in cucina anche solo un singolo piatto per noi è una sconfitta, pronti a ripartire dalla critica per migliorarci. Burz è cuore e lavoro di squadra, io non sono nessuno senza i miei ragazzi in cucina.» 

Importante è porti un obbiettivo, con la consapevolezza che non sei mai arrivato perché la cucina è un continuo imparare e migliorarti. E una volta che il cliente è felice dopo aver gustato un tuo piatto, beh sì, quella è forse una delle più grandi soddisfazioni.

Ci sono giunte voci che sei proprio tu lo “Chef di Dubai” lanciato in TV dalla Carrà nel programma Sogni: cosa ti ha portato quell’esperienza? 

«Nei primi anni 2000 feci degli importanti investimenti con alcuni soci per l’apertura di un locale a Roma, però dopo breve tempo fummo costretti a chiudere. Quello non fu di certo uno dei periodi più felici della mia vita, fatto sta però che nello sconforto del vedere sfumare un progetto a cui tenevo molto, facendo zapping in TV vidi lo spot della Carrà che diceva “io se volete riesco a realizzare i vostri sogni”. 

E così, quasi per gioco, decisi di scrivere una lettera alla redazione dicendo che il mio sogno era di lavorare nell’hotel più lussuoso al mondo. Dalla lettera alla chiamata in trasmissione per la prima puntata di Sogni il 7 febbraio 2004, con la Carrà che venne a prendermi a casa consegnandomi il biglietto di un volo per Dubai. In diretta tv arrivò anche la chiamata con la proposta di assunzione al Burj Al Arab, dove lavorai per alcuni mesi affiancando i migliori chef e cucinando per principi e consoli, per poi tornare in Italia arricchito da un’esperienza che non ha pari.» 

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  Cosa vorresti dire a chi aspira a diventare chef?  

«Se vuoi puoi davvero realizzare i tuoi sogni: io non mi sento nessuno, però se ripenso alla mia vita sorrido a come da umile lavapiatti sia riuscito, per una serie di fortunate coincidenze, ad arrivare al 7 stelle più famoso al mondo. 

Fondamentale è capire che la passione per la cucina è la tua vita, spesso significa rinunciare ad uscire con gli amici. Importante è porti un obbiettivo, con la consapevolezza che non sei mai arrivato perché la cucina è un continuo imparare e migliorartiE una volta che il cliente è felice dopo aver gustato un tuo piatto, beh sì, quella è forse una delle più grandi soddisfazioni.» 

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